La recente decisione di Wind3, a seguito dell’esito sfavorevole di una vertenza legale, di procedere al reintegro di circa 200 lavoratrici e lavoratori ha comportato la revoca dei volumi precedentemente affidati a Network Contacts. Tali attività, tuttavia, non rientreranno nella disponibilità diretta del committente (Network) ma verranno trasferite a Konecta, che ha manifestato la volontà di assorbire integralmente il personale interessato presso la sede operativa di Molfetta.

Accogliamo con favore, da un lato, la salvaguardia dei livelli occupazionali, sempre più a rischio in un contesto segnato da instabilità e precarizzazione. Ogni posto di lavoro mantenuto rappresenta, oggi più che mai, un presidio di dignità sociale.

Dall’altro lato, permangono forti perplessità in merito alle effettive prospettive future per i lavoratori coinvolti: quale reale stabilità sarà garantita da Konecta? Quali saranno le condizioni contrattuali applicate? E soprattutto, quali tutele verranno assicurate sul medio-lungo periodo?

Come riportato nell’accordo del 22 aprile 2025 sottoscritto da soliti noti (174 lavoratori interessati della durata di 12 mesi), presso i siti di Livorno e Genova – attualmente privi di alternative industriali alla commessa TIM/Wind3 – è stato sottoscritto un accordo di solidarietà difensiva della durata di 12 mesi a partire dal 2 maggio, che coinvolge 92 dipendenti a Livorno e 82 a Genova. La riduzione oraria complessiva prevista, esclusivamente di tipo verticale, sarà pari all’80%, con anticipazione aziendale dell’integrazione salariale e accesso al Fondo di Settore per il raggiungimento dell’80% della retribuzione.

Inolre per i dipendenti di Settingiano (Catanzaro), allo scopo di “far fronte al calo di volumi delle commesse Tim e WindTre è stato sottoscritto un accordo di Fondo d’integrazione salariale (Fis) per un periodo di otto settimane per complessivi 141 lavoratori”. Infine, gli addetti di Rende (Cosenza) e Palermo “impiegati sulla commessa Tim, attraverso sinergie con altre commesse in crescita, verranno riconvertiti in modo da coprire le insaturazioni”

A ciò si aggiunge l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo con non opposizione, finalizzata alla gestione incentivata degli esuberi, che evidenzia un contesto già fortemente critico sotto il profilo occupazionale e industriale.

Tale quadro rende ancor più preoccupante il fatto che i volumi provenienti da Wind3, anziché rientrare nella disponibilità diretta del committente, siano stati assegnati a un’azienda che si trova attualmente in una fase di forte riorganizzazione, supportata da ammortizzatori sociali straordinari e in attesa di percorsi di riconversione da definire.

Si somma inoltre la progressiva contrazione delle commesse TIM/Fibercop sulla stessa sede Konecta, aggravando un contesto di estrema fragilità e rendendo ancor più incomprensibile il mancato coinvolgimento diretto del committente nel processo di riassorbimento dei lavoratori.

In questo scenario si impone una riflessione più ampia e profonda. Si parla di difesa del “Made in Italy”, di salvaguardia delle filiere produttive nazionali, di valorizzazione del lavoro italiano. Ma nella realtà dei fatti, si affermano logiche incoerenti: volumi strategici affidati a una multinazionale spagnola, ricollocazioni forzate di lavoratori, utilizzo di strumenti emergenziali e assenza di un progetto industriale strutturato.

Siamo dunque di fronte a una pericolosa deriva, in cui il lavoro viene trattato come un costo da comprimere o una merce da dislocare, ignorando la sua natura di bene sociale e costituzionalmente protetto. Non possiamo e non vogliamo restare in silenzio.

Il lavoro non è una variabile d’aggiustamento. È un diritto che va garantito, un valore che va difeso.

È tempo che la politica, le istituzioni e le imprese assumano fino in fondo la responsabilità di un cambiamento reale: non solo nuove regole, ma un nuovo approccio che riconosca il lavoro come asse portante del patto democratico e della coesione sociale.

Noi non faremo alcun passo indietro. Saremo vigili, presenti e determinati.

Perché il lavoro non si svende, non si delocalizza, non si scarica:
si difende, si valorizza, si protegge.

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Rende Maggio 2025

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