Buoni pasto.. un fallimento annunciato

Tutti pensavano che con l’entrata in vigore del decreto n.122 del 7 giugno 2017, i buoni pasto dovevano diventare più spendibili a causa del moltiplicarsi degli esercizi che li potevano accettare.

Anche i commercianti, con la moltiplicazione dei ticket elettronici attendevano un più fluido e puntuale rimborso di quanto incassato.

Purtroppo registriamo una forte controtendenza delle aspettative, tanto che il sistema è collassato, per cui, i ritardi dei pagamenti sono diventati esponenziali e gli esercenti parallelamente hanno iniziato a recedere le convenzioni/contratti e non accettare più i buoni pasto.

Tutto questo avviene a scapito dei lavoratori che non potendo più spenderli per come erano stati abituati, fanno fronte a maggiori risorse per la propria spesa quotidiana.

Con questo nostro documento si cercherà di far comprendere ciò che sta avvenendo partendo dall’affinità che ogni esercente ha con questo strumento regolato da accordi per nulla convenienti.
Innanzi tutto dobbiamo comprendere perché la situazione è al limite della sopportabilità da parte degli esercenti.

Le cause sono principalmente due:
i ritardi nei rimborsi
l’aumento dei costi di commissione sui singoli tagliandi.

Le commissioni dovute al gestore del circuito vanno, di norma, dal 7 al 12%, e l’unico modo di rientrare nelle spese sarebbe quello di alzare i prezzi e quindi creare altri problemi.
Ancor più pesanti sui conti degli esercenti sono i ritardi nei rimborsi possono arrivare anche 90/120 giorni prima di avere accreditati i rimborsi.

Non tutti sanno che, c’è anche la possibilità per gli esercenti di far anticipare il pagamento entro 15 giorni dalla fattura, anziché due mesi ed oltre, purtroppo questi servizi costano anche il due per cento in più oppure, esistono anche i «servizi fast», con pagamento entro 24-48 ore ma, anche per questi casi, alla solita percentuale basta pagare dai 2 ai 5 centesimi per ogni ticket. Per tutto questo, gli esercenti preferiscono recedere i contratti invece di Subire ulteriori aggravi di costi.

Purtroppo, il meccanismo quello dei «ticket» è semplice da spiegare.
Le aziende concordano con i sindacati il valore dei buoni pasto per i dipendenti. A questo punto, appaltano il servizio a una ditta specializzata e sul valore nominale del tagliando, le società applicano uno sconto. Le aziende così possono avere un buono da x euro pagandolo un po’ meno.

A loro volta, le società specializzate ribaltano quello sconto ed il loro guadagno sui bar e ecc…, che pagano una percentuale per ciascun ticket, ma che a causa dei ritardi di pagamento e commissioni rischiano di andare in rosso.

In tale situazione spuntano i «servizi aggiuntivi» ed il gioco è fatto.
Praticamente le aziende ed i circuiti guadagnano tanto, mentre i lavoratori e gli esercenti ci perdono.

Ma chi sta dietro queste ‘’lobby dei ticket’’ con flussi di denaro di miliardi di euro, il cui interesse è diventato così importante tanto da proporli come flexible benefit e/o alternativi ai premi di produzione?

Certo che la situazione sta diventando drammatica e le solite OO.SS. dovrebbero ammettere il fallimento di un sistema gestito da lobby, causa di un collasso di un sistema dove gli attori più importanti vogliono risparmiare e guadagnare a scapito dei lavoratori e degli esercenti, cioè la parte più debole.

La CISAL COMUNICAZIONE ritiene che il sistema dei buoni pasto vada rivisto a partire dall’affidabilità dei fornitori e che i contratti debbano essere annullati immediatamente e sostituiti già ai primi sintomi di deficienza in termini di spendibilità da parte dei lavoratori.

Quindi chiediamo che l’attuale contratto sia annullato e scelto un altro fornitore più affidabile.
Per il bene di noi lavoratori ci attiveremo, prerogative permettendo, anche nelle sedi opportune.

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Roma, 30 Gennaio 2018

Segreteria Nazionale TIM